Anche la semplice apertura della portiera può essere letale
Prima di scendere dall'auto, ricordarsi sempre di controllare chi sta arrivando, anche attraverso lo specchietto retrovisore. Non si tratta di un consiglio ma di un vero e proprio obbligo, contenuto a chiare lettere nell'art. 157 del codice della strada al comma 7: È fatto divieto a chiunque di aprire le porte di un veicolo, di discendere dallo stesso, nonchè di lasciare aperte le porte, senza essersi assicurato che ciò non costituisca pericolo o intralcio per gli altri utenti della strada.
Una portiera aperta può causare la caduta e persino la morte di una persona, in determinate circostanze. Lo sa bene un conducente di Firenze, che nel maggio del 2009 aveva incautamente aperto lo sportello della propria auto, causando la caduta di una donna di 75 anni che in quel momento stava percorrendo la carreggiata in sella alla sua bicicletta.
La donna non era morta in quel frangente ma due mesi dopo, in conseguenza di quella caduta fatale.
L'autista era stato accusato di omicidio colposo, condannato a 1 anno di reclusione e alla sospensione della patente per un anno. Quell'accusa gli era sembrata subito ingiusta e per questo motivo aveva fatto ricorso, asserendo che non poteva essere dimostrato il nesso tra caduta e morte, a distanza di così tanto tempo.
L'accusa di omicidio colposo gli è però stata riconfermata poche settimane fa (9 novembre 2016), con la sentenza della Corte di Cassazione Penale sez. V n. 47094 che rigetta il ricorso in oggetto.
Ripercorriamo i fatti (per la lettura integrale della sentenza clicca qui).
L'anziana ciclista non stava facendo nulla di sbagliato, stava semplicemente mantenendo la destra, così come prescritto dal codice, ma il distratto guidatore non l'aveva nemmeno vista, ed il pedale della bici aveva sfiorato la vettura causando la caduta.
Sul momento le condizioni della donna non erano sembrate così gravi, tanto è vero che non era stata chiamata l'ambulanza né la Polizia, sicchè nessuno era intervenuto per effettuare i rilievi e ricostruire la dinamica dell'incidente. Era stato compilato il C.I.D, frettolosamente e senza la presenza di testimoni, e poi era seguito il ricovero della donna. Trauma cranico con frattura occipitale, emorragia cerebrale e frattura dei perone sinistro: questa la diagnosi dei medici dell'ospedale, che le dimettevano un mese dopo, a dire dell'imputato senza curare perfettamente la signora. Due settimane dopo infatti la poveretta manifestava un episodio di lipotimia (debolezza) e il 10.7.2009, improvvisamente, riportava un arresto cardiaco; subito ricoverata, decedeva quel giorno stesso per "embolia polmonare massiva".
A posteriori, si sono trovati trombi al polmone sinistro sicuramente ricondubili al trauma subito alla gamba con l'incidente, trombi non curati correttamente che hanno portato appunto all'embolia.
Ora, i giudici hanno ribadito la colpevolezza del conducente, che continua invece a rivolgere l'accusa ai medici che non hanno prevenuto in modo adeguato – con l'eparina – l'insorgere di trombi causa della morte dell'anziana.
Chi ragione e chi ha torto? Se ne potrebbe discutere per ore: quello che è sicuro, è che in questa vicenda la superficialità l'ha fatta da padrona.
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