Decreto legislativo - 08/06/2001 - n. 231 - Responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni
OGGETTO: Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, a norma dell'articolo 11 della legge 29 settembre 2000, n. 300.
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;
Visto l'articolo 14 della legge 23 agosto 1988, n. 400;
Visti gli articoli 11 e 14 della legge 29 settembre 2000, n. 300, che delega il Governo ad adottare, entro otto mesi dalla sua entrata in vigore, un decreto legislativo avente ad oggetto la disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche e delle società, associazioni od enti privi di personalità giuridica che non svolgono funzioni di rilievo costituzionale secondo i principi e criteri direttivi contenuti nell'articolo 11;
Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione dell'11 aprile 2001;
Acquisiti i pareri delle competenti commissioni permanenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati, a norma dell'articolo 14, comma 1, della citata legge 29 settembre 2000, n. 300;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 2 maggio 2001;
Sulla proposta del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato e del commercio con l'estero, con il Ministro per le politiche comunitarie e con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica;
E m a n a
il seguente decreto legislativo:
Capo I
Responsabilità amministrativa dell'ente
Sezione I
Principi generali e criteri di attribuzione della responsabilità amministrativa
Art. 1.
Soggetti
1. Il presente decreto legislativo disciplina la responsabilità degli enti per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato.
2. Le disposizioni in esso previste si applicano agli enti forniti di personalità giuridica e alle società e associazioni anche prive di personalità giuridica.
3. Non si applicano allo Stato, agli enti pubblici territoriali, agli altri enti pubblici non economici nonchè agli enti che svolgono funzioni di rilievo costituzionale.
Art. 2.
Principio di legalità
1. L'ente non può essere ritenuto responsabile per un fatto costituente reato se la sua responsabilità amministrativa in relazione a quel reato e le relative sanzioni non sono espressamente previste da una legge entrata in vigore prima della commissione del fatto.
Art. 3.
Successione di leggi
1. L'ente non può essere ritenuto responsabile per un fatto che secondo una legge posteriore non costituisce più reato o in relazione al quale non è più prevista la responsabilità amministrativa dell'ente, e, se vi è stata condanna, ne cessano l'esecuzione e gli effetti giuridici.
2. Se la legge del tempo in cui è stato commesso l'illecito e le successive sono diverse, si applica quella le cui disposizioni sono più favorevoli, salvo che sia intervenuta pronuncia irrevocabile.
3. Le disposizioni dei commi 1 e 2 non si applicano se si tratta di leggi eccezionali o temporanee.
Art. 4.
Reati commessi all'estero
1. Nei casi e alle condizioni previsti dagli articoli 7, 8, 9 e 10 del codice penale, gli enti aventi nel territorio dello Stato la sede principale rispondono anche in relazione ai reati commessi all'estero, purchè nei loro confronti non proceda lo Stato del luogo in cui è stato commesso il fatto.
2. Nei casi in cui la legge prevede che il colpevole sia punito a richiesta del Ministro della giustizia, si procede contro l'ente solo se la richiesta è formulata anche nei confronti di quest'ultimo.
Art. 5.
Responsabilità dell'ente
1. L'ente è responsabile per i reati commessi nel suo interesse o a suo vantaggio:
a) da persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell'ente o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale nonchè da persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dello stesso;
b) da persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti di cui alla lettera a).
2. L'ente non risponde se le persone indicate nel comma 1 hanno agito nell'interesse esclusivo proprio o di terzi.
Art. 6.
Soggetti in posizione apicale e modelli di organizzazione dell'ente
1. Se il reato è stato commesso dalle persone indicate nell'articolo 5, comma 1, lettera a), l'ente non risponde se prova che:
a) l'organo dirigente ha adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del fatto, modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi;
b) il compito di vigilare sul funzionamento e l'osservanza dei modelli di curare il loro aggiornamento è stato affidato a un organismo dell'ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo;
c) le persone hanno commesso il reato eludendo fraudolentemente i modelli di organizzazione e di gestione;
d) non vi è stata omessa o insufficiente vigilanza da parte dell'organismo di cui alla lettera b).
2. In relazione all'estensione dei poteri delegati e al rischio di commissione dei reati, i modelli di cui alla lettera a), del comma 1, devono rispondere alle seguenti esigenze:
a) individuare le attività nel cui ambito possono essere commessi reati;
b) prevedere specifici protocolli diretti a programmare la formazione e l'attuazione delle decisioni dell'ente in relazione ai reati da prevenire;
c) individuare modalità di gestione delle risorse finanziarie idonee ad impedire la commissione dei reati;
d) prevedere obblighi di informazione nei confronti dell'organismo deputato a vigilare sul funzionamento e l'osservanza dei modelli;
e) introdurre un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel modello.
3. I modelli di organizzazione e di gestione possono essere adottati, garantendo le esigenze di cui al comma 2, sulla base di codici di comportamento redatti dalle associazioni rappresentative degli enti, comunicati al Ministero della giustizia che, di concerto con i Ministeri competenti, può formulare, entro trenta giorni, osservazioni sulla idoneità dei modelli a prevenire i reati.
4. Negli enti di piccole dimensioni i compiti indicati nella lettera b), del comma 1, possono essere svolti direttamente dall'organo dirigente.
5. È comunque disposta la confisca del profitto che l'ente ha tratto dal reato, anche nella forma per equivalente.
Art. 7.
Soggetti sottoposti all'altrui direzione e modelli di organizzazione dell'ente
1. Nel caso previsto dall'articolo 5, comma 1, lettera b), l'ente è responsabile se la commissione del reato è stata resa possibile dall'inosservanza degli obblighi di direzione o vigilanza.
2. In ogni caso, è esclusa l'inosservanza degli obblighi di direzione o vigilanza se l'ente, prima della commissione del reato, ha adottato ed efficacemente attuato un modello di organizzazione, gestione e controllo idoneo a prevenire reati della specie di quello verificatosi.
3. Il modello prevede, in relazione alla natura e alla dimensione dell'organizzazione nonchè al tipo di attività svolta, misure idonee a garantire lo svolgimento dell'attività nel rispetto della legge e a scoprire ed eliminare tempestivamente situazioni di rischio.
4. L'efficace attuazione del modello richiede:
a) una verifica periodica e l'eventuale modifica dello stesso quando sono scoperte significative violazioni delle prescrizioni ovvero quando intervengono mutamenti nell'organizzazione o nell'attività;
b) un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel modello.
Art. 8.
Autonomia delle responsabilità dell'ente
1. La responsabilità dell'ente sussiste anche quando:
a) l'autore del reato non è stato identificato o non è imputabile;
b) il reato si estingue per una causa diversa dall'amnistia.
2. Salvo che la legge disponga diversamente, non si procede nei confronti dell'ente quando è concessa amnistia per un reato in relazione al quale è prevista la sua responsabilità e l'imputato ha rinunciato alla sua applicazione.
3. L'ente può rinunciare all'amnistia.
Sezione II
Sanzioni in generale
Art. 9.
Sanzioni amministrative
1. Le sanzioni per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato sono:
a) la sanzione pecuniaria;
b) le sanzioni interdittive;
c) la confisca;
d) la pubblicazione della sentenza.
2. Le sanzioni interdittive sono:
a) l'interdizione dall'esercizio dell'attività;
b) la sospensione o la revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell'illecito;
c) il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio;
d) l'esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l'eventuale revoca di quelli già concessi;
e) il divieto di pubblicizzare beni o servizi.
Art. 10.
Sanzione amministrativa pecuniaria
1. Per l'illecito amministrativo dipendente da reato si applica sempre la sanzione pecuniaria.
2. La sanzione pecuniaria viene applicata per quote in un numero non inferiore a cento nè superiore a mille.
3. L'importo di una quota va da un minimo di lire cinquecentomila ad un massimo di lire tre milioni.
4. Non è ammesso il pagamento in misura ridotta.
Art. 11.
Criteri di commisurazione della sanzione pecuniaria
1. Nella commisurazione della sanzione pecuniaria il giudice determina il numero delle quote tenendo conto della gravità del fatto, del grado della responsabilità dell'ente nonchè dell'attività svolta per eliminare o attenuare le conseguenze del fatto e per prevenire la commissione di ulteriori illeciti.
2. L'importo della quota è fissato sulla base delle condizioni economiche e patrimoniali dell'ente allo scopo di assicurare l'efficacia della sanzione.
3. Nei casi previsti dall'articolo 12, comma 1, l'importo della quota è sempre di lire duecentomila.
Art. 12.
Casi di riduzione della sanzione pecuniaria
1. La sanzione pecuniaria è ridotta della metà e non può comunque essere superiore a lire duecento milioni se:
a) l'autore del reato ha commesso il fatto nel prevalente interesse proprio o di terzi e l'ente non ne ha ricavato vantaggio o ne ha ricavato un vantaggio minimo;
b) il danno patrimoniale cagionato è di particolare tenuità;
2. La sanzione è ridotta da un terzo alla metà se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado:
a) l'ente ha risarcito integralmente il danno e ha eliminato le conseguenze dannose o pericolose del reato ovvero si è comunque efficacemente adoperato in tal senso;
b) è stato adottato e reso operativo un modello organizzativo idoneo a prevenire reati della specie di quello verificatosi.
3. Nel caso in cui concorrono entrambe le condizioni previste dalle lettere del precedente comma, la sanzione è ridotta dalla metà ai due terzi.
4. In ogni caso, la sanzione pecuniaria non può essere inferiore a lire venti milioni.
Art. 13.
Sanzioni interdittive
1. Le sanzioni interdittive si applicano in relazione ai reati per i quali sono espressamente previste, quando ricorre almeno una delle seguenti condizioni:
a) l'ente ha tratto dal reato un profitto di rilevante entità e il reato è stato commesso da soggetti in posizione apicale ovvero da soggetti sottoposti all'altrui direzione quando, in questo caso, la commissione del reato è stata determinata o agevolata da gravi carenze organizzative;
b) in caso di reiterazione degli illeciti.
2. Le sanzioni interdittive hanno una durata non inferiore a tre mesi e non superiore a due anni.
3. Le sanzioni interdittive non si applicano nei casi previsti dall'articolo 12, comma 1.
Art. 14.
Criteri di scelta delle sanzioni interdittive
1. Le sanzioni interdittive hanno ad oggetto la specifica attività alla quale si riferisce l'illecito dell'ente. Il giudice ne determina il tipo e la durata sulla base dei criteri indicati nell'articolo 11, tenendo conto dell'idoneità delle singole sanzioni a prevenire illeciti del tipo di quello commesso.
2. Il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione può anche essere limitato a determinati tipi di contratto o a determinate amministrazioni. L'interdizione dall'esercizio di un'attività comporta la sospensione ovvero la revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali allo svolgimento dell'attività.
3. Se necessario, le sanzioni interdittive possono essere applicate congiuntamente.
4. L'interdizione dall'esercizio dell'attività si applica soltanto quando l'irrogazione di altre sanzioni interdittive risulta inadeguata.
Art. 15.
Commissario giudiziale
1. Se sussistono i presupposti per l'applicazione di una sanzione interdittiva che determina l'interruzione dell'attività dell'ente, il giudice, in luogo dell'applicazione della sanzione, dispone la prosecuzione dell'attività dell'ente da parte di un commissario per un periodo pari alla durata della pena interdittiva che sarebbe stata applicata, quando ricorre almeno una delle seguenti condizioni:
a) l'ente svolge un pubblico servizio o un servizio di pubblica necessità la cui interruzione può provocare un grave pregiudizio alla collettività;
b) l'interruzione dell'attività dell'ente può provocare, tenuto conto delle sue dimensioni e delle condizioni economiche del territorio in cui è situato, rilevanti ripercussioni sull'occupazione.
2. Con la sentenza che dispone la prosecuzione dell'attività, il giudice indica i compiti ed i poteri del commissario, tenendo conto della specifica attività in cui è stato posto in essere l'illecito da parte dell'ente.
3. Nell'ambito dei compiti e dei poteri indicati dal giudice, il commissario cura l'adozione e l'efficace attuazione dei modelli di organizzazione e di controllo idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi. Non può compiere atti di straordinaria amministrazione senza autorizzazione del giudice.
4. Il profitto derivante dalla prosecuzione dell'attività viene confiscato.
5. La prosecuzione dell'attività da parte del commissario non può essere disposta quando l'interruzione dell'attività consegue all'applicazione in via definitiva di una sanzione interdittiva.
Art. 16.
Sanzioni interdittive applicate in via definitiva
1. Può essere disposta l'interdizione definitiva dall'esercizio dell'attività se l'ente ha tratto dal reato un profitto di rilevante entità ed è già stato condannato, almeno tre volte negli ultimi sette anni, alla interdizione temporanea dall'esercizio dell'attività.
2. Il giudice può applicare all'ente, in via definitiva, la sanzione del divieto di contrattare con la pubblica amministrazione ovvero del divieto di pubblicizzare beni o servizi quando è già stato condannato alla stessa sanzione almeno tre volte negli ultimi sette anni.
3. Se l'ente o una sua unità organizzativa viene stabilmente utilizzato allo scopo unico o prevalente di consentire o agevolare la commissione di reati in relazione ai quali è prevista la sua responsabilità è sempre disposta l'interdizione definitiva dall'esercizio dell'attività e non si applicano le disposizioni previste dall'articolo 17.
Art. 17.
Riparazione delle conseguenze del reato
1. Ferma l'applicazione delle sanzioni pecuniarie, le sanzioni interdittive non si applicano quando, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, concorrono le seguenti condizioni:
a) l'ente ha risarcito integralmente il danno e ha eliminato le conseguenze dannose o pericolose del reato ovvero si è comunque efficacemente adoperato in tal senso;
b) l'ente ha eliminato le carenze organizzative che hanno determinato il reato mediante l'adozione e l'attuazione di modelli organizzativi idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi;
c) l'ente ha messo a disposizione il profitto conseguito ai fini della confisca.
Art. 18.
Pubblicazione della sentenza di condanna
1. La pubblicazione della sentenza di condanna può essere disposta quando nei confronti dell'ente viene applicata una sanzione interdittiva.
2. La sentenza è pubblicata una sola volta, per estratto o per intero, in uno o più giornali indicati dal giudice nella sentenza nonchè mediante affissione nel comune ove l'ente ha la sede principale.
3. La pubblicazione della sentenza è eseguita, a cura della cancelleria del giudice, a spese dell'ente.
Art. 19.
Confisca
1. Nei confronti dell'ente è sempre disposta, con la sentenza di condanna, la confisca del prezzo o del profitto del reato, salvo che per la parte che può essere restituita al danneggiato. Sono fatti salvi i diritti acquisiti dai terzi in buona fede.
2. Quando non è possibile eseguire la confisca a norma del comma 1, la stessa può avere ad oggetto somme di denaro, beni o altre utilità di valore equivalente al prezzo o al profitto del reato.
Art. 20.
Reiterazione
1. Si ha reiterazione quando l'ente, già condannato in via definitiva almeno una volta per un illecito dipendente da reato, ne commette un altro nei cinque anni successivi alla condanna definitiva.
Art. 21.
Pluralità di illeciti
1. Quando l'ente è responsabile in relazione ad una pluralità di reati commessi con una unica azione od omissione ovvero commessi nello svolgimento di una medesima attività e prima che per uno di essi sia stata pronunciata sentenza anche non definitiva, si applica la sanzione pecuniaria prevista per l'illecito più grave aumentata fino al triplo. Per effetto di detto aumento, l'ammontare della sanzione pecuniaria non può comunque essere superiore alla somma delle sanzioni applicabili per ciascun illecito.
2. Nei casi previsti dal comma 1, quando in relazione a uno o più degli illeciti ricorrono le condizioni per l'applicazione delle sanzioni interdittive, si applica quella prevista per l'illecito più grave.
Art. 22.
Prescrizione
1. Le sanzioni amministrative si prescrivono nel termine di cinque anni dalla data di consumazione del reato.
2. Interrompono la prescrizione la richiesta di applicazione di misure cautelari interdittive e la contestazione dell'illecito amministrativo a norma dell'articolo 59.
3. Per effetto della interruzione inizia un nuovo periodo di prescrizione.
4. Se l'interruzione è avvenuta mediante la contestazione dell'illecito amministrativo dipendente da reato, la prescrizione non corre fino al momento in cui passa in giudicato la sentenza che definisce il giudizio.
Art. 23.
Inosservanza delle sanzioni interdittive
1. Chiunque, nello svolgimento dell'attività dell'ente a cui è stata applicata una sanzione o una misura cautelare interdittiva trasgredisce agli obblighi o ai divieti inerenti a tali sanzioni o misure, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.
2. Nel caso di cui al comma 1, nei confronti dell'ente nell'interesse o a vantaggio del quale il reato è stato commesso, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da duecento e seicento quote e la confisca del profitto, a norma dell'articolo 19.
3. Se dal reato di cui al comma 1, l'ente ha tratto un profitto rilevante, si applicano le sanzioni interdittive, anche diverse da quelle in precedenza irrogate.
Sezione III
Responsabilità amministrativa per reati previsti dal codice penale
Art. 24.
Indebita percezione di erogazioni, truffa in danno dello Stato o di un ente pubblico o per il conseguimento di erogazioni pubbliche e frode informatica in danno dello Stato o di un ente pubblico.
1. In relazione alla commissione dei delitti di cui agli articoli 316-bis, 316-ter, 640, comma 2, n. 1, 640-bis e 640-ter se commesso in danno dello Stato o di altro ente pubblico, del codice penale, si applica all'ente la sanzione pecuniaria fino a cinquecento quote.
2. Se, in seguito alla commissione dei delitti di cui al comma 1, l'ente ha conseguito un profitto di rilevante entità o è derivato un danno di particolare gravità; si applica la sanzione pecuniaria da duecento a seicento quote.
3. Nei casi previsti dai commi precedenti, si applicano le sanzioni interdittive previste dall'articolo 9, comma 2, lettere c), d) ed e).
Art. 25
Concussione e corruzione
1. In relazione alla commissione dei delitti di cui agli articoli 318, 321 e 322, commi 1 e 3, del codice penale, si applica la sanzione pecuniaria fino a duecento quote.
2. In relazione alla commissione dei delitti di cui agli articoli 319, 319-ter, comma 1, 321, 322, commi 2 e 4, del codice penale, si applica all'ente la sanzione pecuniaria da duecento a seicento quote.
3. In relazione alla commissione dei delitti di cui agli articoli 317, 319, aggravato ai sensi dell'articolo 319-bis quando dal fatto l'ente ha conseguito un profitto di rilevante entità, 319-ter, comma 2, e 321 del codice penale, si applica all'ente la sanzione pecuniaria da trecento a ottocento quote.
4. Le sanzioni pecuniarie previste per i delitti di cui ai commi da 1 a 3, si applicano all'ente anche quando tali delitti sono stati commessi dalle persone indicate negli articoli 320 e 322-bis.
5. Nei casi di condanna per uno dei delitti indicati nei commi 2 e 3, si applicano le sanzioni interdittive previste dall'articolo 9, comma 2, per una durata non inferiore ad un anno.
Art. 26.
Delitti tentati
1. Le sanzioni pecuniarie e interdittive sono ridotte da un terzo alla metà in relazione alla commissione, nelle forme del tentativo, dei delitti indicati nel presente capo del decreto.
2. L'ente non risponde quando volontariamente impedisce il compimento dell'azione o la realizzazione dell'evento.
Capo II
Responsabilità patrimoniale e vicende modificative dell'ente
Sezione I
Responsabilità patrimoniale dell'ente
Art. 27.
Responsabilità patrimoniale dell'ente
1. Dell'obbligazione per il pagamento della sanzione pecuniaria risponde soltanto l'ente con il suo patrimonio o con il fondo comune.
2. I crediti dello Stato derivanti degli illeciti amministrativi dell'ente relativi a reati hanno privilegio secondo le disposizioni del codice di procedura penale sui crediti dipendenti da reato. A tale fine, la sanzione pecuniaria si intende equiparata alla pena pecuniaria.
Sezione II
Vicende modificative dell'ente
Art. 28.
Trasformazione dell'ente
1. Nel caso di trasformazione dell'ente, resta ferma la responsabilità per i reati commessi anteriormente alla data in cui la trasformazione ha avuto effetto.
Art. 29.
Fusione dell'ente
1. Nel caso di fusione, anche per incorporazione, l'ente che ne risulta risponde dei reati dei quali erano responsabili gli enti partecipanti alla fusione.
Art. 30.
Scissione dell'ente
1. Nel caso di scissione parziale, resta ferma la responsabilità dell'ente scisso per i reati commessi anteriormente alla data in cui la scissione ha avuto effetto, salvo quanto previsto dal comma 3.
2. Gli enti beneficiari della scissione, sia totale che parziale, sono solidalmente obbligati al pagamento delle sanzioni pecuniarie dovute dall'ente scisso per i reati commessi anteriormente alla data dalla quale la scissione ha avuto effetto. L'obbligo è limitato al valore effettivo del patrimonio netto trasferito al singolo ente, salvo che si tratti di ente al quale è stato trasferito, anche in parte il ramo di attività nell'ambito del quale è stato commesso il reato.
3. Le sanzioni interdittive relative ai reati indicati nel comma 2, si applicano agli enti cui è rimasto o è stato trasferito, anche in parte, il ramo di attività nell'ambito del quale il reato è stato commesso.
Art. 31.
Determinazione delle sanzioni nel caso di fusione o scissione
1. Se la fusione o la scissione è avvenuta prima della conclusione del giudizio, il giudice, nella commisurazione della sanzione pecuniaria a norma dell'articolo 11, comma 2, tiene conto delle condizioni economiche e patrimoniali dell'ente originariamente responsabile.
2. Salvo quanto previsto dall'articolo 17, l'ente risultante dalla fusione e l'ente al quale, nel caso di scissione, è applicabile la sanzione interdittiva possono chiedere al giudice la sostituzione della medesima con la sanzione pecuniaria, qualora, a seguito della fusione o della scissione, si sia realizzata la condizione prevista dalla lettera b) del comma 1 dell'articolo 17, e ricorrano le ulteriori condizioni di cui alle lettere a) e c) del medesimo articolo.
3. Se accoglie la richiesta, il giudice, nel pronunciare sentenza di condanna, sostituisce la sanzione interdittiva con una sanzione pecuniaria di ammontare pari da una a due volte quello della sanzione pecuniaria inflitta all'ente in relazione al medesimo reato.
4. Resta salva la facoltà dell'ente, anche nei casi di fusione o scissione successiva alla conclusione del giudizio, di chiedere la conversione della sanzione interdittiva in sanzione pecuniaria.
Art. 32.
Rilevanza della fusione o della scissione ai fini della reiterazione
1. Nei casi di responsabilità dell'ente risultante dalla fusione o beneficiario della scissione per reati commessi successivamente alla data dalla quale la fusione o la scissione ha avuto effetto, il giudice può ritenere la reiterazione, a norma dell'articolo 20, anche in rapporto a condanne pronunciate nei confronti degli enti partecipanti alla fusione o dell'ente scisso per reati commessi anteriormente a tale data.
2. A tale fine, il giudice tiene conto della natura delle violazioni e dell'attività nell'ambito della quale sono state commesse nonchè delle caratteristiche della fusione o della scissione.
3. Rispetto agli enti beneficiari della scissione, la reiterazione può essere ritenuta, a norma dei commi 1 e 2, solo se ad essi è stato trasferito, anche in parte, il ramo di attività nell'ambito del quale è stato commesso il reato per cui è stata pronunciata condanna nei confronti dell'ente scisso.
Art. 33.
Cessione di azienda
1. Nel caso di cessione dell'azienda nella cui attività è stato commesso il reato, il cessionario è solidalmente obbligato, salvo il beneficio della preventiva escussione dell'ente cedente e nei limiti del valore dell'azienda, al pagamento della sanzione pecuniaria.
2. L'obbligazione del cessionario è limitata alle sanzioni pecuniarie che risultano dai libri contabili obbligatori, ovvero dovute per illeciti amministrativi dei quali egli era comunque a conoscenza.
3. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche nel caso di conferimento di azienda.
Capo III
Procedimento di accertamento e di applicazione delle sanzioni amministrative
Sezione I
Disposizioni generali
Art. 34.
Disposizioni processuali applicabili
1. Per il procedimento relativo agli illeciti amministrativi dipendenti da reato, si osservano le norme di questo capo nonchè, in quanto compatibili, le disposizioni del codice di procedura penale e del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271.
Art. 35.
Estensione della disciplina relativa all'imputato
1. All'ente si applicano le disposizioni processuali relative all'imputato, in quanto compatibili.
Sezione II
Soggetti, giurisdizione e competenza
Art. 36.
Attribuzioni del giudice penale
1. La competenza a conoscere gli illeciti amministrativi dell'ente appartiene al giudice penale competente per i reati dai quali gli stessi dipendono.
2. Per il procedimento di accertamento dell'illecito amministrativo dell'ente si osservano le disposizioni sulla composizione del tribunale e le disposizioni processuali collegate relative ai reati dai quali l'illecito amministrativo dipende.
Art. 37.
Casi di improcedibilità
1. Non si procede all'accertamento dell'illecito amministrativo dell'ente quando l'azione penale non può essere iniziata o proseguita nei confronti dell'autore del reato per la mancanza di una condizione di procedibilità.
Art. 38.
Riunione e separazione dei procedimenti
1. Il procedimento per l'illecito amministrativo dell'ente è riunito al procedimento penale instaurato nei confronti dell'autore del reato da cui l'illecito dipende.
2. Si procede separatamente per l'illecito amministrativo dell'ente soltanto quando:
a) è stata ordinata la sospensione del procedimento ai sensi dell'articolo 71 del codice di procedura penale;
b) il procedimento è stato definito con il giudizio abbreviato o con l'applicazione della pena ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, ovvero è stato emesso il decreto penale di condanna;
c) l'osservanza delle disposizioni processuali lo rende necessario.
Art. 39.
Rappresentanza dell'ente
1. L'ente partecipa al procedimento penale con il proprio rappresentante legale, salvo che questi sia imputato del reato da cui dipende l'illecito amministrativo.
2. L'ente che intende partecipare al procedimento si costituisce depositando nella cancelleria dell'autorità giudiziaria procedente una dichiarazione contenente a pena di inammissibilità:
a) la denominazione dell'ente e le generalità del suo legale rappresentante;
b) il nome ed il cognome del difensore e l'indicazione della procura;
c) la sottoscrizione del difensore;
d) la dichiarazione o l'elezione di domicilio.
3. La procura, conferita nelle forme previste dall'articolo 100, comma 1, del codice di procedura penale, è depositata nella segreteria del pubblico ministero o nella cancelleria del giudice ovvero è presentata in udienza unitamente alla dichiarazione di cui al comma 2.
4. Quando non compare il legale rappresentante, l'ente costituito è rappresentato dal difensore.
Art. 40.
Difensore di ufficio
1. L'ente che non ha nominato un difensore di fiducia o ne è rimasto privo è assistito da un difensore di ufficio.
Art. 41.
Contumacia dell'ente
1. L'ente che non si costituisce nel processo è dichiarato contumace.
Art. 42.
Vicende modificative dell'ente nel corso del processo
1. Nel caso di trasformazione, di fusione o di scissione dell'ente originariamente responsabile, il procedimento prosegue nei confronti degli enti risultanti da tali vicende modificative o beneficiari della scissione, che partecipano al processo, nello stato in cui lo stesso si trova, depositando la dichiarazione di cui all'articolo 39, comma 2.
Art. 43.
Notificazioni all'ente
1. Per la prima notificazione all'ente si osservano le disposizioni dell'articolo 154, comma 3, del codice di procedura penale.
2. Sono comunque valide le notificazioni eseguite mediante consegna al legale rappresentante, anche se imputato del reato da cui dipende l'illecito amministrativo.
3. Se l'ente ha dichiarato o eletto domicilio nella dichiarazione di cui all'articolo 39 o in altro atto comunicato all'autorità giudiziaria, le notificazioni sono eseguite ai sensi dell'articolo 161 del codice di procedura penale.
4. Se non è possibile eseguire le notificazioni nei modi previsti dai commi precedenti, l'autorità giudiziaria dispone nuove ricerche. Qualora le ricerche non diano esito positivo, il giudice, su richiesta del pubblico ministero, sospende il procedimento.
Sezione III
Prove
Art. 44.
Incompatibilità con l'ufficio di testimone
1. Non può essere assunta come testimone:
a) la persona imputata del reato da cui dipende l'illecito amministrativo;
b) la persona che rappresenta l'ente indicata nella dichiarazione di cui all'articolo 39, comma 2, e che rivestiva tale funzione anche al momento della commissione del reato.
2. Nel caso di incompatibilità la persona che rappresenta l'ente può essere interrogata ed esaminata nelle forme, con i limiti e con gli effetti previsti per l'interrogatorio e per l'esame della persona imputata in un procedimento connesso.
Sezione IV
Misure cautelari
Art. 45.
Applicazione delle misure cautelari
1. Quando sussistono gravi indizi per ritenere la sussistenza della responsabilità dell'ente per un illecito amministrativo dipendente da reato e vi sono fondati e specifici elementi che fanno ritenere concreto il pericolo che vengano commessi illeciti della stessa indole di quello per cui si procede, il pubblico ministero può richiedere l'applicazione quale misura cautelare di una delle sanzioni interdittive previste dall'articolo 9, comma 2, presentando al giudice gli elementi su cui la richiesta si fonda, compresi quelli a favore dell'ente e le eventuali deduzioni e memorie difensive già depositate.
2. Sulla richiesta il giudice provvede con ordinanza, in cui indica anche le modalità applicative della misura. Si osservano le disposizioni dell'articolo 292 del codice di procedura penale.
3. In luogo della misura cautelare interdittiva, il giudice può nominare un commissario giudiziale a norma dell'articolo 15 per un periodo pari alla durata della misura che sarebbe stata applicata.
Art. 46.
Criteri di scelta delle misure
1. Nel disporre le misure cautelari, il giudice tiene conto della specifica idoneità di ciascuna in relazione alla natura e al grado delle esigenze cautelari da soddisfare nel caso concreto.
2. Ogni misura cautelare deve essere proporzionata all'entità del fatto e alla sanzione che si ritiene possa essere applicata all'ente.
3. L'interdizione dall'esercizio dell'attività può essere disposta in via cautelare soltanto quando ogni altra misura risulti inadeguata.
4. Le misure cautelari non possono essere applicate congiuntamente.
Art. 47.
Giudice competente e procedimento di applicazione
1. Sull'applicazione e sulla revoca delle misure cautelari nonchè sulle modifiche delle loro modalità esecutive, provvede il giudice che procede. Nel corso delle indagini provvede il giudice per le indagini preliminari. Si applicano altresì le disposizioni di cui all'articolo 91 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271.
2. Se la richiesta di applicazione della misura cautelare è presentata fuori udienza, il giudice fissa la data dell'udienza e ne fa dare avviso al pubblico ministero, all'ente e ai difensori. L'ente e i difensori sono altresì avvisati che, presso la cancelleria del giudice, possono esaminare la richiesta dal pubblico ministero e gli elementi sui quali la stessa si fonda.
3. Nell'udienza prevista dal comma 2, si osservano le forme dell'articolo 127, commi 1, 2, 3, 4, 5, 6 e 10, del codice di procedura penale; i termini previsti ai commi 1 e 2 del medesimo articolo sono ridotti rispettivamente a cinque e a tre giorni. Tra il deposito della richiesta e la data dell'udienza non può intercorrere un termine superiore a quindici giorni.
Art. 48.
Adempimenti esecutivi
1. L'ordinanza che dispone l'applicazione di una misura cautelare è notificata all'ente a cura del pubblico ministero.
Art. 49.
Sospensione delle misure cautelari
1. Le misure cautelari possono essere sospese se l'ente chiede di poter realizzare gli adempimenti cui la legge condiziona l'esclusione di sanzioni interdittive a norma dell'articolo 17. In tal caso, il giudice, sentito il pubblico ministero, se ritiene di accogliere la richiesta, determina una somma di denaro a titolo di cauzione, dispone la sospensione della misura e indica il termine per la realizzazione delle condotte riparatorie di cui al medesimo articolo 17.
2. La cauzione consiste nel deposito presso la Cassa delle ammende di una somma di denaro che non può comunque essere inferiore alla metà della sanzione pecuniaria minima prevista per l'illecito per cui si procede. In luogo del deposito, è ammessa la prestazione di una garanzia mediante ipoteca o fideiussione solidale.
3. Nel caso di mancata, incompleta o inefficace esecuzione delle attività nel termine fissato, la misura cautelare viene ripristinata e la somma depositata o per la quale è stata data garanzia è devoluta alla Cassa delle ammende.
4. Se si realizzano le condizioni di cui all'articolo 17 il giudice revoca la misura cautelare e ordina la restituzione della somma depositata o la cancellazione dell'ipoteca; la fideiussione prestata si estingue.
Art. 50.
Revoca e sostituzione delle misure cautelari
1. Le misure cautelari sono revocate anche d'ufficio quando risultano mancanti, anche per fatti sopravvenuti, le condizioni di applicabilità previste dall'articolo 45 ovvero quando ricorrono le ipotesi previste dall'articolo 17.
2. Quando le esigenze cautelari risultano attenuate ovvero la misura applicata non appare più proporzionata all'entità del fatto o alla sanzione che si ritiene possa essere applicata in via definitiva, il giudice, su richiesta del pubblico ministero o dell'ente, sostituisce la misura con un'altra meno grave ovvero ne dispone l'applicazione con modalità meno gravose, anche stabilendo una minore durata.
Art. 51.
Durata massima delle misure cautelari
1. Nel disporre le misure cautelari il giudice ne determina la durata, che non può superare la metà del termine massimo indicato dall'articolo 13, comma 2.
2. Dopo la sentenza di condanna di primo grado, la durata della misura cautelare può avere la stessa durata della corrispondente sanzione applicata con la medesima sentenza. In ogni caso, la durata della misura cautelare non può superare i due terzi del termine massimo indicato dall'articolo 13, comma 2.
3. Il termine di durata delle misure cautelari decorre dalla data della notifica dell'ordinanza.
4. La durata delle misure cautelari è computata nella durata delle sanzioni applicate in via definitiva.
Art. 52.
Impugnazione dei provvedimenti che applicano le misure cautelari
1. Il pubblico ministero e l'ente, per mezzo del suo difensore, possono proporre appello contro tutti i provvedimenti in materia di misure cautelari, indicandone contestualmente i motivi. Si osservano le disposizioni di cui all'articolo 322-bis, commi 1-bis e 2, del codice di procedura penale.
2. Contro il provvedimento emesso a norma del comma 1, il pubblico ministero e l'ente, per mezzo del suo difensore, possono proporre ricorso per cassazione per violazione di legge. Si osservano le disposizioni di cui all'articolo 325 del codice di procedura penale.
Art. 53.
Sequestro preventivo
1. Il giudice può disporre il sequestro delle cose di cui è consentita la confisca a norma dell'articolo 19. Si osservano le disposizioni di cui agli articoli 321, commi 3, 3-bis e 3-ter, 322, 322-bis e 323 del codice di procedura penale, in quanto applicabili.
Art. 54.
Sequestro conservativo
1. Se vi è fondata ragione di ritenere che manchino o si disperdano le garanzie per il pagamento della sanzione pecuniaria, delle spese del procedimento e di ogni altra somma dovuta all'erario dello Stato, il pubblico ministero, in ogni stato e grado del processo di merito, chiede il sequestro conservativo dei beni mobili e immobili dell'ente o delle somme o cose allo stesso dovute. Si osservano le disposizioni di cui agli articoli 316, comma 4, 317, 318, 319 e 320 del codice di procedura penale, in quanto applicabili.
Sezione V
Indagini preliminari e udienza preliminare
Art. 55.
Annotazione dell'illecito amministrativo
1. Il pubblico ministero che acquisisce la notizia dell'illecito amministrativo dipendente da reato commesso dall'ente annota immediatamente, nel registro di cui all'articolo 335 del codice di procedura penale, gli elementi identificativi dell'ente unitamente, ove possibile, alle generalità del suo legale rappresentante nonchè il reato da cui dipende l'illecito.
2. L'annotazione di cui al comma 1 è comunicata all'ente o al suo difensore che ne faccia richiesta negli stessi limiti in cui è consentita la comunicazione delle iscrizioni della notizia di reato alla persona alla quale il reato è attribuito.
Art. 56.
Termine per l'accertamento dell'illecito amministrativo nelle indagini preliminari
1. Il pubblico ministero procede all'accertamento dell'illecito amministrativo negli stessi termini previsti per le indagini preliminari relative al reato da cui dipende l'illecito stesso.
2. Il termine per l'accertamento dell'illecito amministrativo a carico dell'ente decorre dalla annotazione prevista dall'articolo 55.
Art. 57.
Informazione di garanzia
1. L'informazione di garanzia inviata all'ente deve contenere l'invito a dichiarare ovvero eleggere domicilio per le notificazioni nonchè l'avvertimento che per partecipare al procedimento deve depositare la dichiarazione di cui all'articolo 39, comma 2.
Art. 58.
Archiviazione
1. Se non procede alla contestazione dell'illecito amministrativo a norma dell'articolo 59, il pubblico ministero emette decreto motivato di archiviazione degli atti, comunicandolo al procuratore generale presso la corte d'appello. Il procuratore generale può svolgere gli accertamenti indispensabili e, qualora ritenga ne ricorrano le condizioni, contesta all'ente le violazioni amministrative conseguenti al reato entro sei mesi dalla comunicazione.
Art. 59.
Contestazione dell'illecito amministrativo
1. Quando non dispone l'archiviazione, il pubblico ministero contesta all'ente l'illecito amministrativo dipendente dal reato. La contestazione dell'illecito è contenuta in uno degli atti indicati dall'articolo 405, comma 1, del codice di procedura penale.
2. La contestazione contiene gli elementi identificativi dell'ente, l'enunciazione, in forma chiara e precisa, del fatto che può comportare l'applicazione delle sanzioni amministrative, con l'indicazione del reato da cui l'illecito dipende e dei relativi articoli di legge e delle fonti di prova.
Art. 60.
Decadenza dalla contestazione
1. Non può procedersi alla contestazione di cui all'articolo 59 quando il reato da cui dipende l'illecito amministrativo dell'ente è estinto per prescrizione.
Art. 61.
Provvedimenti emessi nell'udienza preliminare
1. Il giudice dell'udienza preliminare pronuncia sentenza di non luogo a procedere nei casi di estinzione o di improcedibilità della sanzione amministrativa, ovvero quando l'illecito stesso non sussiste o gli elementi acquisiti risultano insufficienti, contraddittori o comunque non idonei a sostenere in giudizio la responsabilità dell'ente. Si applicano le disposizioni dell'articolo 426 del codice di procedura penale.
2. Il decreto che, a seguito dell'udienza preliminare, dispone il giudizio nei confronti dell'ente, contiene, a pena di nullità, la contestazione dell'illecito amministrativo dipendente dal reato, con l'enunciazione, in orma chiara e precisa, del fatto che può comportare l'applicazione delle sanzioni e l'indicazione del reato da cui l'illecito dipende e dei relativi articoli di legge e delle fonti di prova nonchè gli elementi identificativi dell'ente.
Sezione VI
Procedimenti speciali
Art. 62.
Giudizio abbreviato
1. Per il giudizio abbreviato si osservano le disposizioni del titolo I del libro sesto del codice di procedura penale, in quanto applicabili.
2. Se manca l'udienza preliminare, si applicano, secondo i casi, le disposizioni degli articoli 555, comma 2, 557 e 558, comma 8.
3. La riduzione di cui all'articolo 442, comma 2, del codice di procedura penale è operata sulla durata della sanzione interdittiva e sull'ammontare della sanzione pecuniaria.
4. In ogni caso, il giudizio abbreviato non è ammesso quando per l'illecito amministrativo è prevista l'applicazione di una sanzione interdittiva in via definitiva.
Art. 63.
Applicazione della sanzione su richiesta
1. L'applicazione all'ente della sanzione su richiesta è ammessa se il giudizio nei confronti dell'imputato è definito ovvero definibile a norma dell'articolo 444 del codice di procedura penale nonchè in tutti i casi in cui per l'illecito amministrativo è prevista la sola sanzione pecuniaria. Si osservano le disposizioni di cui al titolo II del libro sesto del codice di procedura penale, in quanto applicabili.
2. Nei casi in cui è applicabile la sanzione su richiesta, la riduzione di cui all'articolo 444, comma 1, del codice di procedura penale è operata sulla durata della sanzione interdittiva e sull'ammontare della sanzione pecuniaria.
3. Il giudice, se ritiene che debba essere applicata una sanzione interdittiva in via definitiva, rigetta la richiesta.
Art. 64.
Procedimento per decreto
1. Il pubblico ministero, quando ritiene che si debba applicare la sola sanzione pecuniaria, può presentare al giudice per le indagini preliminari, entro sei mesi dalla data dell'annotazione dell'illecito amministrativo nel registro di cui all'articolo 55 e previa trasmissione del fascicolo, richiesta motivata di emissione del decreto di applicazione della sanzione pecuniaria, indicandone la misura.
2. Il pubblico ministero può chiedere l'applicazione di una sanzione pecuniaria diminuita sino alla metà rispetto al minimo dell'importo applicabile.
3. Il giudice, quando non accoglie la richiesta, se non deve pronunciare sentenza di esclusione della responsabilità dell'ente, restituisce gli atti al pubblico ministero.
4. Si osservano le disposizioni del titolo V del libro sesto e dell'articolo 557 del codice di procedura penale, in quanto compatibili.
Sezione VII
Giudizio
Art. 65.
Termine per provvedere alla riparazione delle conseguenze del reato
1. Prima dell'apertura del dibattimento di primo grado, il giudice può disporre la sospensione del processo se l'ente chiede di provvedere alle attività di cui all'articolo 17 e dimostra di essere stato nell'impossibilità di effettuarle prima. In tal caso, il giudice, se ritiene di accogliere la richiesta, determina una somma di denaro a titolo di cauzione. Si osservano le disposizioni di cui all'articolo 49.
Art. 66.
Sentenza di esclusione della responsabilità dell'ente
1. Se l'illecito amministrativo contestato all'ente non sussiste, il giudice lo dichiara con sentenza, indicandone la causa nel dispositivo. Allo stesso modo procede quando manca, è insufficiente o è contraddittoria la prova dell'illecito amministrativo.
Art. 67.
Sentenza di non doversi procedere
1. Il giudice pronuncia sentenza di non doversi procedere nei casi previsti dall'articolo 60 e quando la sanzione è estinta per prescrizione.
Art. 68.
Provvedimenti sulle misure cautelari
1. Quando pronuncia una delle sentenza di cui agli articoli 66 e 67, il giudice dichiara la cessazione delle misure cautelari eventualmente disposte.
Art. 69.
Sentenza di condanna
1. Se l'ente risulta responsabile dell'illecito amministrativo contestato il giudice applica le sanzioni previste dalla legge e lo condanna al pagamento delle spese processuali.
2. In caso di applicazione delle sanzioni interdittive la sentenza deve sempre indicare l'attività o le strutture oggetto della sanzione.
Art. 70.
Sentenza in caso di vicende modificative dell'ente
1. Nel caso di trasformazione, fusione o scissione dell'ente responsabile, il giudice dà atto nel dispositivo che la sentenza è pronunciata nei confronti degli enti risultanti dalla trasformazione o fusione ovvero beneficiari della scissione, indicando l'ente originariamente responsabile.
2. La sentenza pronunciata nei confronti dell'ente originariamente responsabile ha comunque effetto anche nei confronti degli enti indicati nel comma 1.
Sezione VIII
Impugnazioni
Art. 71.
Impugnazioni delle sentenze relative alla responsabilità amministrativa dell'ente
1. Contro la sentenza che applica sanzioni amministrative diverse da quelle interdittive l'ente può proporre impugnazione nei casi e nei modi stabiliti per l'imputato del reato dal quale dipende l'illecito amministrativo.
2. Contro la sentenza che applica una o più sanzioni interdittive, l'ente può sempre proporre appello anche se questo non è ammesso per l'imputato del reato dal quale dipende l'illecito amministrativo.
3. Contro la sentenza che riguarda l'illecito amministrativo il pubblico ministero può proporre le stesse impugnazioni consentite per il reato da cui l'illecito amministrativo dipende.
Art. 72.
Estensione delle impugnazioni
1. Le impugnazioni proposte dall'imputato del reato da cui dipende l'illecito amministrativo e dall'ente, giovano, rispettivamente, all'ente e all'imputato, purchè non fondate su motivi esclusivamente personali.
Art. 73.
Revisione delle sentenze
1. Alle sentenze pronunciate nei confronti dell'ente si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni del titolo IV del libro nono del codice di procedura penale ad eccezione degli articoli 643, 644, 645, 646 e 647.
Sezione IX
Esecuzione
Art. 74.
Giudice dell'esecuzione
1. Competente a conoscere dell'esecuzione delle sanzioni amministrative dipendenti da reato è il giudice indicato nell'articolo 665 del codice di procedura penale.
2. Il giudice indicato nel comma 1 è pure competente per i provvedimenti relativi:
a) alla cessazione dell'esecuzione delle sanzioni nei casi previsti dall'articolo 3;
b) alla cessazione dell'esecuzione nei casi di estinzione del reato per amnistia;
c) alla determinazione della sanzione amministrativa applicabile nei casi previsti dall'articolo 21, commi 1 e 2;
d) alla confisca e alla restituzione delle cose sequestrate.
3. Nel procedimento di esecuzione si osservano le disposizioni di cui all'articolo 666 del codice di procedura penale, in quanto applicabili. Nei casi previsti dal comma 2, lettere b) e d) si osservano le disposizioni di cui all'articolo 667, comma 4, del codice di procedura penale.
4. Quando è applicata l'interdizione dall'esercizio dell'attività, il giudice, su richiesta dell'ente, può autorizzare il compimento di atti di gestione ordinaria che non comportino la prosecuzione dell'attività interdetta. Si osservano le disposizioni di cui all'articolo 667, comma 4, del codice di procedura penale.
Art. 75.
Esecuzione delle sanzioni pecuniarie
1. Le condanne al pagamento delle sanzioni amministrative pecuniarie sono eseguite nei modi stabiliti per l'esecuzione delle pene pecuniarie.
2. Per il pagamento rateale, per la dilazione del pagamento e per la sospensione della riscossione delle sanzioni amministrative pecuniarie si osservano le disposizioni di cui agli articoli 19 e 19-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, come modificato dall'articolo 7 del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46.
Art. 76.
Pubblicazione della sentenza applicativa della condanna
1. La pubblicazione della sentenza di condanna è eseguita a spese dell'ente nei cui confronti è stata applicata la sanzione. Si osservano le disposizioni di cui all'articolo 694, commi 2, 3 e 4, del codice di procedura penale.
Art. 77.
Esecuzione delle sanzioni interdittive
1. L'estratto della sentenza che ha disposto l'applicazione di una sanzione interdittiva è notificata all'ente a cura del pubblico ministero.
2. Ai fini della decorrenza del termine di durata delle sanzioni interdittive si ha riguardo alla data della notificazione.
Art. 78.
Conversione delle sanzioni interdittive
1. L'ente che ha posto in essere tardivamente le condotte di cui all'articolo 17, entro venti giorni dalla notifica dell'estratto della sentenza, può richiedere la conversione della sanzione amministrativa interdittiva in sanzione pecuniaria.
2. La richiesta è presentata al giudice dell'esecuzione e deve contenere la documentazione attestante l'avvenuta esecuzione degli adempimenti di cui all'articolo 17.
3. Entro dieci giorni dalla presentazione della richiesta, il giudice fissa l'udienza in camera di consiglio e ne fa dare avviso alle parti e ai difensori; se la richiesta non appare manifestamente infondata, il giudice può sospendere l'esecuzione della sanzione. La sospensione è disposta con decreto motivato revocabile.
4. Se accoglie la richiesta il giudice, con ordinanza, converte le sanzioni interdittive, determinando l'importo della sanzione pecuniaria in una somma non inferiore a quella già applicata in sentenza e non superiore al doppio della stessa. Nel determinare l'importo della somma il giudice tiene conto della gravità dell'illecito ritenuto in sentenza e delle ragioni che hanno determinato il tardivo adempimento delle condizioni di cui all'articolo 17.
Art. 79.
Nomina del commissario giudiziale e confisca del profitto
1. Quando deve essere eseguita la sentenza che dispone la prosecuzione dell'attività dell'ente ai sensi dell'articolo 15, la nomina del commissario giudiziale è richiesta dal pubblico ministero al giudice dell'esecuzione, il quale vi provvede senza formalità.
2. Il commissario riferisce ogni tre mesi al giudice dell'esecuzione e al pubblico ministero sull'andamento della gestione e, terminato l'incarico, trasmette al giudice una relazione sull'attività svolta nella quale rende conto della gestione, indicando altresì l'entità del profitto da sottoporre a confisca e le modalità con le quali sono stati attuati i modelli organizzativi.
3. Il giudice decide sulla confisca con le forme dell'articolo 667, comma 4, del codice di procedura penale.
4. Le spese relative all'attività svolta dal commissario e al suo compenso sono a carico dell'ente.
Art. 80.
Anagrafe nazionale delle sanzioni amministrative
1. Presso il casellario giudiziale centrale è istituita l'anagrafe nazionale delle sanzioni amministrative di cui al capo II.
2. Nell'anagrafe sono iscritti, per estratto, le sentenze e i decreti che hanno applicato agli enti sanzioni amministrative dipendenti da reato appena divenuti irrevocabili nonchè i provvedimenti emessi dagli organi giurisdizionali dell'esecuzione non più soggetti ad impugnazione che riguardano le sanzioni amministrative.
3. Le iscrizioni dell'anagrafe sono eliminate trascorsi cinque anni dal giorno in cui hanno avuto esecuzione se è stata applicata la sanzione pecuniaria o dieci anni se è stata applicata una sanzione diversa sempre che nei periodi indicati non è stato commesso un ulteriore illecito amministrativo.
Art. 81.
Certificati dell'anagrafe
1. Ogni organo avente giurisdizione, ai sensi del presente decreto legislativo, in ordine all'illecito amministrativo dipendente da reato ha diritto di ottenere, per ragioni di giustizia, il certificato di tutte le iscrizioni esistenti nei confronti dell'ente.
Uguale diritto appartiene a tutte le pubbliche amministrazioni e agli enti incaricati di pubblici servizi quando il certificato è necessario per provvedere ad un atto delle loro funzioni, in relazione all'ente cui il certificato stesso si riferisce.
2. Il pubblico ministero può richiedere, per ragioni di giustizia, il predetto certificato dell'ente sottoposto a procedimento di accertamento della responsabilità amministrativa dipendente da reato.
3. L'ente al quale le iscrizioni si riferiscono ha diritto di ottenere il relativo certificato senza motivare la domanda.
4. Nel certificato di cui al comma 3 non sono riportate le iscrizioni relative alle sentenze di applicazione della sanzione su richiesta e ai decreti di applicazione della sanzione pecuniaria.
Art. 82.
Questioni concernenti le iscrizioni e i certificati
1. Sulle questioni relative alle iscrizioni e ai certificati dell'anagrafe è competente il tribunale di Roma, che decide in composizione monocratica osservando le disposizioni di cui all'articolo 78.
Capo IV
Disposizioni di attuazione e di coordinamento
Art. 83.
Concorso di sanzioni
1. Nei confronti dell'ente si applicano soltanto le sanzioni interdittive stabilite nel presente decreto legislativo anche quando diverse disposizioni di legge prevedono, in conseguenza della sentenza di condanna per il reato, l'applicazione nei confronti dell'ente di sanzioni amministrative di contenuto identico o analogo.
2. Se, in conseguenza dell'illecito, all'ente è stata già applicata una sanzione amministrativa di contenuto identico o analogo a quella interdittiva prevista dal presente decreto legislativo, la durata della sanzione già sofferta è computata ai fini della determinazione della durata della sanzione amministrativa dipendente da reato.
Art. 84.
Comunicazioni alle autorità di controllo o di vigilanza
1. Il provvedimento che applica misure cautelari interdittive e la sentenza irrevocabile di condanna sono comunicati, a cura della cancelleria del giudice che li ha emessi, alle autorità che esercitano il controllo o la vigilanza sull'ente.
Art. 85.
Disposizioni regolamentari
1. Con regolamento emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, entro sessanta giorni dalla data di pubblicazione del presente decreto legislativo, il Ministro della giustizia adotta le disposizioni regolamentari relative al procedimento di accertamento dell'illecito amministrativo che concernono:
a) le modalità di formazione e tenuta dei fascicoli degli uffici giudiziari;
b) i compiti ed il funzionamento dell'Anagrafe nazionale;
c) le altre attività necessarie per l'attuazione del presente decreto legislativo.
2. Il parere del Consiglio di Stato sul regolamento previsto dal comma 1 è reso entro trenta giorni dalla richiesta. Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
Dato a Roma, addì 8 giugno 2001
CIAMPI
Amato, Presidente del Consiglio dei Ministri
Fassino, Ministro della giustizia
Letta, Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato e del commercio con l'estero
Mattioli, Ministro per le politiche comunitarie
Visco, Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica
Visto, il Guardasigilli: Fassino
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