Circolare - 22/04/2011 - Prot. n. 6535 - Sicurezza stradale
OGGETTO: Legge 120/2010, recante: Disposizioni in materia di sicurezza stradale.
MINISTERO DELL'INTERNO
DIPARTIMENTO PER GLI AFFARI INTERNI E TERRITORIALI
Prot. n. 6535
Roma, 22 aprile 2011
OGGETTO: Legge 120/2010, recante: Disposizioni in materia di sicurezza stradale.
Com'è noto la legge in oggetto ha apportato significative novità al Codice della strada, sia con la modifica e l'integrazione di alcune disposizioni del previgente testo, sia con l'introduzione ex novo di altre norme.
Con riferimento ai più rilevanti aspetti innovativi sono pervenute a questo Dipartimento, già in fase di prima applicazione, numerose richieste di chiarimenti, in relazione alle quali si forniscono le seguenti indicazioni, d'intesa con il Dipartimento della Pubblica Sicurezza, di cui si richiamano le circolari precedenti.
Art. 218, comma 2
(Sanzione accessoria della sospensione della patente e permesso orario)
Con riferimento alla innovativa previsione recata dal comma 2 dell'art. 218 (Sanzione accessoria della sospensione della patente) di uno speciale permesso di tre ore giornaliere per motivi di lavoro, si ritiene opportuno precisare che l'autorizzazione, oltre ad essere subordinata alle condizioni tassativamente indicate nella norma, quali l'assenza di incidente conseguente all'infrazione che ha determinato la sospensione e la possibilità di concessione per una sola volta, non è da reputarsi ammissibile qualora sia connessa a fattispecie che hanno rilevanza penale.
La precisazione assume particolare significato in relazione all'art. 186 (Guida sotto l'influenza dell'alcool), poiché il permesso in questione deve ritenersi applicabile con esclusivo riguardo alla fattispecie depenalizzata di cui al comma 2, lettera a) e non anche alle fattispecie contemplate alle lettere b) e c) dello stesso comma, nonché in relazione all'art. 186-bis.
Analogamente, l'autorizzazione deve ritenersi preclusa con riguardo alle infrazioni costituenti reato contemplate nell'art. 187 (Guida in stato di alterazione psicofisica per uso di sostanze stupefacenti).
La soluzione interpretativa prospettata, oltre che coerente con l'impianto complessivo della legge in oggetto, caratterizzata dall'inasprimento del regime sanzionatorio nelle ipotesi di guida in stato di alterazione psicofisica che danno luogo a responsabilità penale, trova supporto in un argomento di carattere sistematico, costituito dalla collocazione dell'art. 218 nell'ambito della sezione seconda del titolo sesto del codice, che disciplina le sanzioni amministrative accessorie a sanzioni amministrative pecuniarie.
Art. 202-bis
(Rateizzazione delle sanzioni pecuniarie)
La disposizione consente di applicare alle sanzioni pecuniarie consequenziali a verbali elevati per infrazioni al Codice della strada la medesima facilitazione finora prevista dall'art. 26 della legge 689/81, per somme dovute in conseguenza di ordinanze-ingiunzioni.
In attesa dell'apposito decreto interministeriale, previsto dal comma 9 dell'art. 202-bis, si ritiene che la disposizione possa essere direttamente applicata.
Ciò sia in considerazione dei criteri sufficientemente definiti recati dalla fonte primaria in argomento, che non potrebbero comunque essere modificati dalla disciplina regolamentare, sia in relazione alle finalità sociali che la norma persegue, apprestando una facilitazione a beneficio del trasgressore in disagiate condizioni economiche, sia, infine, tenendo conto dello scopo deflattivo del contenzioso, in quanto la proposizione della istanza implica rinuncia al ricorso tanto in sede amministrativa quanto in sede giurisdizionale.
Resta fermo, comunque, lo scrupoloso rispetto delle prescrizioni dettate dal legislatore ed in particolare del limite minimo di duecento euro per la concessione del beneficio, oltreché del criterio di valutazione dello stato di disagio economico del trasgressore, desumibile dall'ultima dichiarazione dei redditi.
Una volta ricevuta l'istanza, che l'interessato deve inoltrare anche all'ufficio o comando da cui dipende l'organo accertatore, l'Amministrazione può pronunciarsi con espresso provvedimento in senso favorevole o sfavorevole; l'eventuale silenzio, decorsi novanta giorni, produce il rigetto della stessa.
Sia nelle ipotesi di accoglimento, che in caso di espresso provvedimento di rigetto, come pure di decorrenza del termine che sostanzia il silenzio-rigetto, è necessario procedere alla notifica all'interessato nelle forme previste dall'art. 201 del Codice.
L'esito dell'istanza va, altresì, comunicato al comando o ufficio da cui dipende l'organo accertatore.
Dalla notifica del rigetto, ovvero dalla comunicazione relativa al silenzio-rigetto, decorre il termine di trenta giorni previsto per effettuare il pagamento della sanzione nella misura intera.
Nel silenzio della norma, si ritiene che il provvedimento di rigetto dell'istanza come pure la comunicazione del silenzio-rigetto formatosi, possano essere impugnati davanti al Giudice di pace, nel termine di trenta giorni dalla relativa notifica.
In caso di accoglimento dell'istanza, il comando o l'ufficio da cui dipende l'organo accertatore procederà alla verifica del pagamento di ciascuna rata ed in caso di mancato pagamento della prima rata o, successivamente, di due rate, il debitore decadrà automaticamente dal beneficio.
Art. 224-ter
(Applicazione della sanzione amministrativa accessoria della confisca amministrativa in conseguenza di ipotesi di reato)
L'introduzione nella disciplina codicistica dell'art. 224-ter ha comportato, per le ipotesi di reato cui consegue la sanzione accessoria della confisca del veicolo, la qualificazione amministrativa del provvedimento ablatorio, ora rimesso alla competenza del Prefetto ai sensi del comma 2 della disposizione.
In tal modo, mentre l'illecito che costituisce il presupposto della confisca ha conservato, in quanto ipotesi di reato, la propria natura penale, il cui accertamento e le conseguenti decisioni restano affidate al Magistrato, la suddetta sanzione accessoria della confisca, analogamente alla sanzione del fermo e alla misura cautelare del sequestro, hanno acquistato carattere amministrativo.
La nuova configurazione della procedura, ove applicata nel senso di ritenere che debba necessariamente attendersi la pronuncia irrevocabile del Magistrato penale prima di potersi procedere alla vendita o rottamazione del veicolo sequestrato, comporterebbe un sensibile aggravio delle spese di custodia, attesa la durata indefinita del processo, durante il quale il veicolo dovrebbe essere permanentemente affidato ad uno dei soggetti di cui all'art. 214-bis.
Ciò contrasterebbe con la ratio della stessa norma da ultimo citata come introdotta nell'impianto codicistico dall'art. 38 del D.L. n. 269/2003, convertito dalla legge n. 236/2003, il quale è stato voluto dal legislatore con la finalità di contenere gli oneri custodiali, prevedendo l'affidamento del veicolo oggetto di sequestro al proprietario e, in via subordinata e comunque per una durata definita, alle depositerie convenzionate.
Si ritiene, pertanto, che il richiamo effettuato dall'art. 224-ter agli artt. 213 e 214-bis possa essere inteso nel senso che, fatta salva la sottrazione del veicolo al trasgressore sul luogo e nell'immediatezza del fatto, successivamente, previa richiesta dell'interessato, il veicolo potrà essere affidato in custodia, fino al provvedimento di confisca, al proprietario o, in sua vece, ad altro obbligato in solido, ovvero all'autore della violazione, seguendo le procedure di cui all'art. 213 laddove applicabili e fermo restando che la restituzione del veicolo è subordinata al pagamento delle spese di recupero e di custodia nel frattempo maturate.
Art. 186
(Depenalizzazione dell'illecito previsto dall'art. 186, comma 2 lett. a)
Il nuovo testo della norma, relativo alla depenalizzazione delle ipotesi di guida in stato di ebbrezza con tasso alcoolemico superiore a 0,5 g/l e non superiore a 0,8 g/l (art. 186, comma 2, lett. a), ha posto il problema della sanzionabilità delle violazioni che, accertate prima dell'entrata in vigore della norma e come tali aventi rilevanza penale, rivestono ora, sotto il profilo sanzionatorio, natura amministrativa.
Le Autorità Giudiziarie, all'atto della entrata in vigore del nuovo testo dell'art. 186 come novellato dall'art. 33 della legge in oggetto, non hanno dato ulteriore corso alle procedure in sede penale, trasmettendo gli atti ai Prefetti.
Sulla detta problematica, nell'immediatezza del mutamento normativo, si è espressa la Corte di Cassazione con apposito parere (Rel. n. III/08/2010), secondo il quale i procedimenti penali originati dalle fattispecie in argomento non avrebbero dovuto avere ulteriore corso, ricorrendo l'ipotesi dell'abolitio criminis.
Al riguardo si osserva che, stante la mancanza di una disciplina transitoria, anche le Autorità amministrative versano nella giuridica impossibilità di procedere, atteso il principio di irretroattività e di stretta legalità di cui all'art. 1 della legge 689/81 che caratterizza l'illecito amministrativo.
L'evidenziato problema di successione di leggi nel tempo ha avuto riflessi anche per quanto concerne la misura cautelare del sequestro dei veicoli, che, originariamente di carattere penale ai sensi dell'art. 321 c.p.p., ha assunto connotazione amministrativa, poiché, nella gran parte dei casi, le competenti Autorità Giudiziarie hanno disposto il dissequestro senza ulteriori indicazioni, con il conseguente rientro dei mezzi nella disponibilità dei proprietari. Per tale motivo si riterrebbe che un nuovo sequestro amministrativo risulti impraticabile, anche in considerazione della circostanza che le fattispecie in argomento sono destinate ad esaurirsi nel tempo.
Art. 204-bis
(Ricorso al giudice di pace)
I problemi posti dalla disposizione riguardano, in particolare, il comma 4-bis con specifico riferimento al delicato tema della rappresentanza in giudizio dell'Amministrazione.
Il comma 4-bis, introdotto ex-novo dalla legge in oggetto, dispone che, per le violazioni opposte accertate da organi dello Stato, la legittimazione passiva spetta al Prefetto, che "può essere rappresentato in giudizio da funzionari della Prefettura-Ufficio territoriale del Governo".
Con l'innovativa previsione il legislatore ha inteso, da un lato, realizzare una semplificazione procedurale, rendendo superfluo il preventivo inoltro al Ministero dei ricorsi ai Giudici di pace - posto in essere in adesione ad un consolidato orientamento giurisprudenziale della Cassazione, che non riteneva sufficiente la mera notifica alle Prefetture - UTG - e, dall'altro, chiarire che il Prefetto può essere rappresentato in giudizio dai funzionari di cui dispone, con ciò superando le incertezze interpretative che inducevano taluni Giudici di pace a ritenere legittimato esclusivamente il Vice Prefetto con funzioni vicarie o, al più, i dirigenti in servizio presso la Prefettura, con esclusione di altri dipendenti.
Alla luce della nuova formulazione della norma si pone il problema se sia possibile estendere ulteriormente la delega alla rappresentanza in giudizio ad altri soggetti al fine di fronteggiare l'esigenza, da più sedi segnalata, di una efficace tutela in sede processuale dell'Amministrazione, in atto non possibile con le limitate risorse di cui si dispone.
In proposito sono in corso iniziative, anche di carattere normativa, volte a superare le cennate difficoltà anche al fine della riscossione degli introiti derivanti da sanzioni pecuniarie e per evitare l'incremento delle spese di giustizia in caso di soccombenza per effetto del riformato art. 92 del c.p.c.
Art. 120
(Requisiti morali per il rilascio dei titoli abilitativi alla guida)
La norma, dapprima integralmente sostituita dalla legge n. 94/2009 e successivamente modificata, in modo limitato, dalla legge 120/2010, ha inteso, in un'ottica di maggior rigore rispetto alla previgente disciplina, ampliare l'ambito di operatività delle cause ostative al rilascio della patente di guida e, contestualmente, dei motivi che ne impongono la revoca.
Il raggio di applicazione della disposizione è stato, altresì, esteso dal punto di vista oggettivo ovvero con riguardo alla tipologia dei titoli abilitativi contemplati nella stessa, soprattutto in considerazione di veicoli abitualmente utilizzati da adolescenti e giovani.
La disposizione, ferma restando la salvaguardia delle garanzie giurisdizionali ed amministrative previste dai principi generali dell'ordinamento e dalla normativa di specie per i soggetti destinatari di provvedimenti a contenuto interdittivo o sanzionatorio, ha, in particolare, sollevato perplessità con riguardo ad alcuni profili applicativi sotto elencati, in relazione ai quali si forniscono le seguenti indicazioni:
• Inapplicabilità del principio del favor rei: in tema di depenalizzazione, il principio del favor rei che, com'è noto, costituisce in materia penale un basilare criterio interpretativo - applicativo nel caso di successione delle leggi nel tempo, non trova riscontro. Il novellato art. 120, ancorché comporti effetti sanzionatori più rigorosi, si applica, pertanto, anche a situazioni che hanno avuto origine prima dell'entrata in vigore della legge n. 94/2009, avvenuta l'8 agosto 2009.
• Comma 2. Ultimo periodo e omesso riferimento alle misure di sicurezza: ai fini della revoca le misure di sicurezza debbono intendersi ricomprese nel richiamo alle sentenze passate in giudicato "per i reati indicati nel comma 1". Va considerato, infatti, che le misure di sicurezza conseguono comunque ad una sentenza e quindi all'accertamento di un fatto costituente reato.
• Comma 2. Riferimento agli articoli 75, comma 1 lett. a) e 75-bis, comma 1 lett. f) del DPR 309/90. Il comma 2 disciplina l'ipotesi in cui "le condizioni soggettive indicate al primo periodo del comma 1 ... intervengano in data successiva al rilascio". In tal caso il prefetto dispone la revoca del titolo abilitativo, a meno che siano trascorsi più di tre anni dall'applicazione delle misure di prevenzione o, nelle ipotesi di reato, dal passaggio in giudicato della sentenza di condanna. Nel primo periodo del comma 2 la locuzione "fermo restando" va intesa nel senso di evitare la sovrapposizione, in sede applicativa, di differenti norme alle medesime fattispecie concrete, in quanto gli articoli 75 e 75-bis del T.U. sugli stupefacenti già prevedono la sospensione o il divieto di conseguire la patente di guida ovvero il divieto di condurre qualsiasi veicolo a motore. In proposito appare non corretto che il soggetto che contravviene alla normativa antidroga, ed in base a quest'ultima venga sottoposto a misure limitative dell'utilizzo di titoli abilitativi alla guida, possa essere nuovamente sottoposto alle medesime misure in quanto previste come sanzioni anche dal Codice della strada con ciò determinandone un illogico raddoppio. Va, altresì, considerato il possibile esito positivo del programma terapeutico e socio-riabilitativo previsto dall'art. 122 dello stesso D.P.R. 309 del 1990 che comporterebbe la cessazione delle misure irrogate ai sensi della normativa antidroga.
• Comma 3. Decorrenza triennale degli effetti interdittivi al rilascio di nuova patente. La decorrenza degli effetti interdittivi in argomento, sempreché non persista a carico del richiedente la sottoposizione a misure di prevenzione o di sicurezza, deve ritenersi riferita, in ossequio ai principi generali di efficacia dell'atto amministrativo, alla data di notifica della revoca.
• Comma 5. Nuove modalità di collegamento tra banche dati. Infine, si precisa che, in attesa dell'attuazione di quanto disposto del comma 5, relativo a nuove modalità di interconnessione tra le banche dati del Dipartimento per le politiche del personale e del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, la inibizione al rilascio del documento di guida di cui al comma 1, non è operante, configurandosi unicamente la possibilità di revoca dopo il rilascio.
IL CAPO DEL DIPARTIMENTO
Pansa
Vedi anche: